Ieri io e Andrea abbiamo fatto il nostro primo appuntamento di coaching. Il nostro percorso in 8 tappe è iniziato con il concordare una serie di incontri online, a cadenza regolare, che fisseremo in un momento tranquillo della giornata, in modo tale da concentrarci al meglio. Come sempre, quando si parte alla scoperta di un nuovo mondo, il primo passo è informarsi e documentarsi, ed è per questo che abbiamo iniziato con un po’ di teoria.
Il modello S.F.E.R.A.
Andrea, infatti, mi ha raccontato prima di tutto che cos’è il modello S.F.E.R.A., ideato dal professor Giuseppe Vercelli insieme al suo team per lo sviluppo della prestazione e dell’intelligenza agonistica. Sulla base dell’esperienza maturata soprattutto in ambito sportivo, con vari atleti del CONI, dalle Olimpiadi Invernali di Torino 2006 in avanti, il prof. Vercelli ha teorizzato un modello che prevede 5 elementi che compongono la prestazione:
- Sincronia
- Punti di forza
- Energia
- Ritmo
- Attivazione.
Per prestazione o performance, e questo è molto importante, si intende qualsiasi situazione in cui siamo protagonisti. Anche scrivere questo articolo, per me, è una prestazione. Tutte le prestazioni si possono misurare per poter lavorarci su e quindi migliorarle.
Gli ingranaggi
La struttura del percorso prevede, poi, 4 ingranaggi affinché funzioni il processo di raggiungimento degli obiettivi che io e Andrea ci siamo prefissati:
- La Relazione, ossia lo stato mentale tra coach (Andrea) e coachee (io), e il modo in cui ci si conosce – questa parte noi l’abbiamo saltata perché ci conosciamo bene già da tempo.
- Il Modello di interpretazione della realtà, in questo caso S.F.E.R.A..
- La Ruota di Deming, ossia la metodologia di analisi per cui si segue il processo di Plan (Pianifica), Do (Agisci), Check (Controlla) e Act (Standardizza).
- Le Tecnicheo gli Strumenti, ossia come percepire la realtà con l’esperienza e quindi sfruttare al meglio gli elementi della prestazione e le polarità da cui sono composti.
Modello sequenziale di Kolb
Il modello S.F.E.R.A. si basa a sua volta sul modello di apprendimento sequenziale di Kolb, caratterizzato da 4 fasi, che ho potuto facilmente riconoscere perché parte della mia vita quotidiana:
- Partiremo da un’Esperienza, vivendo una situazione concreta.
- Arriveremo a una Riflessionea partire dall’esperienza vissuta.
- Tireremo le somme con una Concettualizzazioneastratta.
- Chiuderemo infine il cerchio dell’apprendimento con la riproposizione di quanto imparato nella Sperimentazione attiva.
Il prof. Vercelli ha provato a riassumere tutto questo impianto teorico in una formula di tipo matematico che ci parla della prestazione umana come di un accadimento che è la moltiplicazione delle nostre risorse tecniche e di quelle risorse umane, basate però su un modello ripetibile. Se il modello non è ripetibile, l’evento della prestazione di eccellenza rimane un episodio a sé stante. Se il modello è replicabile, vuol dire che c’è un rapporto tra il valore potenziale e il valore assoluto che vogliamo raggiungere.
Ed è qui che il modello S.F.E.R.A. oggi mi vuole portare! A fare in modo che la struttura della mia intelligenza sia agonistica, ossia improntata a una prestazione di eccellenza replicabile nel tempo. La struttura di questo genere di intelligenza è a piramide, per cui dalle tecniche – che sono la base – si passa al metodo (la ruota di Deming vista prima) e poi al nostro modello di riferimento (S.F.E.R.A.), per arrivare infine a un approccio di tipo costruttivista.
Approccio classico o costruttivista
Il primo incontro con Andrea si è chiuso con una domanda: «La realtà che vivi ogni giorno secondo te è una scoperta o un’invenzione». Devo ammettere che ci ho pensato un po’, ma visto che gran parte del mio lavoro è inventare mi sono gettata sulla seconda. E in effetti questa è la risposta tipica dell’approccio costruttivista.
L’approccio classico prevede che il mondo sia la causa scatenante dell’esperienza. E quindi la realtà diventa una scoperta, perché noi siamo osservatori di qualcosa che già esiste, di eventi oggettivi. La conseguenza di questo approccio è la deresponsabilizzazione.
L’approccio costruttivista implica, invece, che gli eventi siano una costruzione soggettiva. E quindi la realtà diventa un’invenzione, perché ciascuno di noi elabora in modo differente. La conseguenza di questo approccio è la piena responsabilità.
Come capire meglio questi concetti? Con una di quelle esperienze di realtà che Andrea mi aveva preannunciato che avremmo usato spesso. Dopo aver guardato alcune linee su un foglio bianco Andrea mi ha chiesto che cosa io stessi vedendo. La mia risposta (un elefantino di schiena con una ciotola a fianco) partiva da mie esperienze pregresse (il famoso boa che ha ingoiato un elefante del Piccolo Principe): non era un’immagine con un significato oggettivo, ero io a dargliene uno tramite la mia elaborazione interna della realtà
Alla fine di questo primo incontro mi porto a casa una bella frase: l’esperienza è la causa, mentre il mondo è la conseguenza. Un bel ribaltamento di quello che abitualmente e con pigrizia sono stata abituata a pensare. Dal prossimo incontro conto di capire meglio come metterlo in atto, questo capovolgimento!