Un mese fa ho cenato con un amico che non sentivo da tempo. Lui aveva letto il mio post di LinkedIn in cui annunciavo di essere entrata nel flusso delle Great Resignation, voleva incontrarmi per parlarne. Allora poi ci siamo visti con le famiglie, ci siamo raccontati le nostre vite e anche i nostri lavori.

Ed è così che ho scoperto che è diventato un coach professionista.

Ne avevo sentito parlare, certo, di questa ennesima nuova professione arrivata dagli Stati Uniti, ma sempre in un modo molto vago, in questo mondo in cui tutti si occupano di comunicazione, consulenze, supporto, mindfulness, psicoterapia e via dicendo.

 

Da dove arriva il coaching

Il termine viene da lontano, dal francese coche, che è simile al nostro italiano cocchio, carrozza: un mezzo di trasporto trainato da cavalli. Ed è proprio in quest’immagine che si riconosce la figura professionale che dagli anni Novanta ha iniziato a proliferare oltreoceano e poi anche finalmente in Italia. Il coach americano inizialmente era l’allenatore che tutti immaginiamo grazie ai film di Hollywood: quello che guida e allena la squadra (di football, basket, baseball), ma che la segue anche nella crescita emotiva individuale e di gruppo. È la persona che stimola gli atleti, creando il giusto spirito di gruppo per affrontare gli avversari, la persona che dà carica e sicurezza al campione in crisi.

 

Che cosa fa il coach oggi

Nel corso degli anni il coach è passato dal mondo prettamente sportivo, dove tuttora svolge un ruolo fondamentale, al mondo del lavoro. Il primo a teorizzare la pratica è stato Timothy Gallwey, allenatore della squadra di tennis di Harvard, seguito molto presto da John Whitmore, pilota e allenatore a sua volta, in seguito considerato il padre del coaching moderno. Grazie a loro il coaching è diventato «una metodologia che si basa su una relazione di partnership paritaria (tra il coach e il suo cliente) che, attraverso un rapporto commerciale, mira a riconoscere, sviluppare e valorizzare le strategie, le procedure e le azioni utili al raggiungimento di obiettivi operativi collocati nel futuro del cliente», come definito dall’Associazione Coaching Italia.

 

Una nuova esperienza di sé

E alla fine mi sono detta: ma se il coaching è l’insegnamento di un metodo per massimizzare il potenziale personale e professionale delle persone, tramite un processo creativo che stimola la riflessione, perché non provarci anche io?

Sono in un momento di rinnovamento della mia vita: ho deciso di lasciare il mio posto di Head of Digital di una grande agenzia di comunicazione, per trovare una strada più adatta a me. Sono piena di energie, ma non ho ancora imparato bene a canalizzarle, perché tutto è cambiato molto rapidamente. Sono decisa a dare alla mia vita obiettivi più chiari, per rendere armonico il rapporto tra lavoro e vita personale, eppure non so bene come fare.

Perché non provare una nuova esperienza di me stessa, affiancata da un professionista?

 

Un percorso in 8 tappe

Inizia così il mio percorso con Andrea Giacchino, coach ed esperto di consulenza e comunicazione. Vi racconterò il mio percorso di formazione nell’apprendimento del metodo S.F.E.R.A. e di come questo renderà la mia vita più organizzata e i miei obiettivi più chiari.

Published On: 24 Giugno 2020 / Categories: Coaching /